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venerdì 1 febbraio 2008

Il Tiglio

"-Chi è o padre?".
Il piccolo Decio si spinse in avanti per guardare meglio la statua di bronzo: portava già i segni del tempo, ma era ancora imponente e maestosa.
"-E' Annibale, il cartaginese vincitore dei Romani a Cannae, sul fiume Trebbia, e vicino al lago Trasimeno....." rispose il padre seduto sul triclinum...
Teneva Decio, che non aveva ancora compiuto sei anni, accoccolato sulle sue gambe.
Gli occhi di Quintiliano si illuminarono: era originario della città di Carthago Nova.
Sebbene Annibale fosse vissuto molti anni prima, non era stato dimenticato da quelli che , come lui, ne sentivano scorrere il sangue nelle vene.
Anzi, in qualche modo Quintiliano ne era imparentato, forse da un ramo parallelo della famiglia Barca.
Quintiliano Amilcare Barca....l'Iberico pensava che suonasse proprio bene.
Decio intanto stava contemplando in silenzio i tratti giovanili della statua di bronzo.
"-Padre, lui era il capo dei cartaginesi?"
"-Il più grande, figlio mio..."
"-Ed era un nemico?"
"-Era un avversario....egli voleva le stesse cose che vogliamo noi ma in maniera diversa...-
Una fresca brezza entrò dalla finestra portando con se il verso di quegli uccellini che cantavano non rassegnandosi alla fine dell'estate....
"-Padre, però lui era cattivo!"
Marzio rise sommessamente; la sua forte ma gentile tirò a sè il figlio, lo abbracciò e cominciò ad accarezzargli la testa.
-" No figliolo, non ci sono nè buoni nè cattivi, ma solo persone degne e indegne..."
Contrasse le labbra in una smorfia.
"-O almeno un tempo era così. Annibale combattè duramente in molte battaglie e si rivelò un avversario fortissimo: soltanto il genio di Scipione e la forza di Roma riuscirono a sconfiggerlo."
Il tono di Marzio era tornato serio: Decio aveva un'espressione stupita, Marzio lo guardava negli occhi. Quintiliano da dietro il triclinum ascoltava senza aprir bocca ma con attenzione....
"-E se avesse vinto lui?"
Marzio si voltò lentamente: appoggiò delicatamente il figlio per terra e si alzò.Scostò una tenda e guardò silenziosamente il giardino al di fuori della Domus Aquilarum.
Era ormai autunno e le foglie si stavano ingiallendo.
Marzio stava guardando con un pò di tristezza il tiglio che si ergeva in giardino: non era che la controfigura del monumento che in estate dominava il prato.
Il profumo dei suoi fiori, un tempo eccezionale, ormai si percepiva appena nell'aria.
Marzio respirò profondamente socchiudendo gli occhi.
Gli tornarono in mente immagini di battaglie vinte e perse, volti di uomini che avevano reso immortale la gloria di Roma, di uomini che avevano ubbidito e sperato, di uomini che avevano tradito , di uomini uccisi e di campagne bruciate.
Restò a lungo così, immobile e in silenzio mentre il figliolo lo guardava incuriosito.
Quintiliano che comprendeva l'imbarazzo del padrone, gli si avvicinò e gli sorrise:
Marzio si voltò e sorrise a sua volta.
"-Forse se avesse vinto Annibale, sarei il liberto di Quintiliano e non viceversa."
I due uomini cominciarono a ridere: Decio si incupì e rimase a guardarli perplesso.

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